EPIFANIA VITALE ED ESPERIENZA VISIVA NELL’OPERA
GRAFICA E PITTORICA DI NERA D’AUTO
articolo critico del Prof. Gerardo Pecci
 

Nell’opera grafica di Nera d’Auto emergono chiari echi dell’elettromorfismo pittorico in un “groviglio” di segni che avvolgono lo spazio in una sorta di energia scrittoria che  sottende le stesse energie psichiche che una volta libere acquistano un’autonoma forma vitale. Negli “studi grafici” di Nera troviamo echi di una pratica legata al grafema come scrittura energetica, come pura energia scrittoria, che liberatasi dalle convenzioni del codice segnico-linguistico rivela e mette a nudo le potenzialità energetiche ed espressive della psiche dell’artista. Laddove una frase, una parola, accompagna i suoi studi grafici essa è sempre esplicazione di un flusso di inconscio che affiora alla coscienza e diventa parte integrante della propria poetica verbo-visiva.

La stessa concezione dello spazio diventa articolata ricerca di una dimensione che naturalmente esula dalla tridimensionalità prospettica e del geometrismo euclideo, così come allo stesso modo l’inconscio non ubbidisce alla razionalità. Non ha più senso parlare di “vuoto” e di “pieno” nel modo con cui noi siamo abituati a percepire queste categorie, ma in una particolare accezione che rende le opere grafiche di Nera sfuggenti, enigmatiche, problematiche, e per questo ci sorprendono, spiazzando il nostro stesso modo di percepire, di “vedere” e leggere quello che l’artista ha voluto comunicarci. Nello stesso tempo sono opere che hanno una propria intima vitalità e una propria coerenza formale che le rendono uniche e irripetibili nella loro epifania visiva. Il segno nell’arte di Nera è diretto, immediato, estrinseca il proprio vitalismo, veicolato da una forte energia, a volte  graffiante, così com’è graffiante la realtà quotidiana con i suoi momenti, le sue ansie, le sue gioie, le sue preoccupazioni, le sue delusioni e i suoi dolori. La “scrittura” di Nera d’Auto richiama, per certi versi, l’uso della parola in Cy Twombly: è un elemento per ricordare l’importanza della parola come insieme di segni, come universo segnico e comunicativo primordiale. In Nera la parola può diventare un “commento” o un segno grafico-pittorico, a seconda di come la percepiamo, ma è sempre in diretto rapporto alla sua complessiva produzione grafica. Il gusto della parola verbo-visiva per Nera è sicuramente un ulteriore mezzo per allargare, dilatare, gli orizzonti del proprio Io, della propria sensibilità e del proprio inconscio, per offrirci un ulteriore elemento in grado di farci comprendere la grande vitalità che l’artista sa trasmetterci. In questo senso si deve leggere il rapporto tra la sua produzione grafica e quella pittorica, tra il segno tracciato sul foglio e la grande esplosione emozionale che sottende e caratterizza l’universo coloristico dei suoi dipinti. Allo stesso modo è difficile ricondurre la produzione pittorica di Nera d’Auto sui binari della cultura visiva contemporanea, in quanto la sua speciale visione del mondo si manifesta in una poetica che trae sicuramente origine dalle forme dell’arte contemporanea e dalle sue matrici culturali, ma rappresenta anche un superamento autonomo, e originale, delle grandi categorie fenomenologiche e stilistiche in cui  sono state storicizzate le manifestazioni dell’arte contemporanea, con un linguaggio maturo e personale che ne contraddistingue le scelte formali  e  coloristiche.  Dire  che  Nera  è un’artista   “eclettica”   significa   poco, a  mio avviso; è indispensabile, perciò, tentare di capire la sua “grammatica stilistica” per poterne cogliere i nuclei di significato che veicolano le sue opere. Nera propone una pittura dove la gestualità, dinamica e creativa, diventa un universo del tutto particolare e autonomo. Il dinamismo cromoluministico e la gestualità sono elementi imprescindibili della propria arte, sono compresenti nell’atto stesso della creazione artistica: i colori sono carichi di densi nuclei di emotività. Il rosso, ad esempio, simboleggia la forza, la passionalità, il dinamismo emotivo dei sentimenti; il nero, invece, veicola la razionalità: è la poetica dell’esistenza umana di fronte alle scelte della vita, sempre legata all’individuazione di strade che conducono spesso in luoghi nuovi e misteriosi. D’altra parte la vita stessa è piena di incertezze e di misteri, di strade, di bivi, ma è anche fonte di forti emozioni e di passioni mai sopite. La luminosità frastagliata del colore-emozione è un altro punto essenziale nella poetica di Nera, in cui si possono vagamente intuire le presenze dell’astrattismo “spiritualista”, però privato di elementi trascendentali. Eppure la poetica di Nera è vicina a una visione esistenzialista, contrassegnata da una incessante ricerca mai paga dei risultati raggiunti e certamente feconda di nuovi interessi e nuovi sviluppi, di nuove forme e di nuovi colori. Si tratta di un lavoro progressivo che non dà mai per scontato il cammino svolto finora dall’arte contemporanea, in una continua ricerca di forme e significati che sono il frutto di una sua intima e personale visione della vita, attraverso una grande potenzialità creativa che non si accontenta mai di banali riferimenti alla “tradizione del contemporaneo”, ma la supera attraverso un’energia che difficilmente è riscontrabile nella produzione artistica odierna. La pittura di Nera d’Auto è materia, è universo, è gesto e segno che diventano vita, flussi di energia vitale. I suoi nuclei coloristici, le sue masse colorate, i suoi vuoti e i suoi pieni, i suoi tagli e “ritagli”,  evidenziano una qualità formale alta e un magmatico agglomerato di pigmento steso sulla superficie delle proprie tele con le mani, con le dita, a sottolineare un gesto antico e nobile insieme, quello di usare lo strumento primordiale del fare arte. La vita diventa arte e l’arte altro non è che estrinsecazione, manifestazione ed epifania della vita. Ella spesso dà vita a un moto coloristico che è esplosivo e implosivo insieme, attraverso la compresenza di forze centrifughe e centripete che si uniscono, si compenetrano in un insieme di linee-colore dal cui indistinto nucleo ha origine, forse, la stessa solida poetica pittorica di Nera. La spazialità colorata di Nera è, insieme, ricerca, sofferenza, delizia, energia psichica in atto, creatività pura. La materia diventa, per certi versi, “pathos”, veicolo privilegiato che contiene in sé l’idea di un viaggio senza fine, alla ricerca continua di forme d’arte che diventano esperienza di vita, mai sopita, mai banale, mai semplice, mai superficiale. In questo ideale viaggio nella spazialità di Nera il colore acquista valenza oggettiva nella sua “disaggregazione”; ma tale disaggregazione è forza pura che è capace di generare e costruire una propria intima realtà che, poi, in un impeto di energia colorata entra nel nostro mondo. Emerge da tutto ciò l’ “Io” di Nera che si precisa e si fissa in forme colorate, dinamicamente organizzate, che danno vita al proprio “fare arte”. In questo universo il suo gesto creativo è volontà dinamica che emerge in una sequenza, a volte apparentemente convulsa, di segno-disegno-colore. Indubbiamente Nera è protagonista e interprete della cultura artistica del nostro tempo, in cui istanze informali ed energie psichiche trovano una propria autonoma forma, priva di ogni etichetta “imbalsamatrice”, priva di qualsiasi “manifesto” programmatico precostituito, per entrare di diritto nella dinamica concreta, reale, vera, della vita di ognuno di noi. Perciò le sue opere ci colpiscono, perché sono il segno tangibile di un universo artistico che si fa esso stesso vita concreta e reale. La pittura di questa donna è energia che affiora alla coscienza nella sua primordiale manifestazione, fatta di dense emozioni e vive sensazioni. L’arte di Nera d’Auto diventa, così, epifania della vita che si mostra attraverso l’universo segnico-coloristico di una gestualità istintiva volta a cogliere e raccontare il senso profondo dell’esistenza umana, che urla al mondo il proprio diritto di vivere ogni istante nella pienezza della propria dignità e nella consapevolezza che ogni secondo che passa fa parte dell’eternità, in un incessante cammino in cui il passato, il presente e il futuro si intersecano inestricabilmente e delineano la grandezza della creatività artistica e della vita. 

 

I Tagli

India
 

     

       

 

I Linguaggi di Nera

Non vi sono soluzioni definitive per un artista. Egli porta su di sé il peso del cambiamento congenito. E questo è anche il caso di Nera, che è un’artista a tutto tondo, mai paga dei risultati raggiunti.   La sua militanza artistica nei linguaggi contemporanei è costellata di consensi critici che non l’hanno mai collocata nell’ambito di una sola poetica. Nera non è una pittrice informale, non è spazialista e non pratica il dripping: è tutto questo ed altro ancora. Le sue opere non hanno il sapore dell’astrattismo lirico, né sono graffitiste; e non sono neanche venate di pulsioni d’art autre o di pieghe espressioniste. Sono tutto questo ed altro ancora: Nera è prima un’artista e poi una pittrice: ama giocare con i linguaggi per fonderli e per straniare il fruitore. Il suo asse creativo è inclinato, per cui ella vive nel vortice benefico delle stagioni creative che si susseguono e che tanto sanno concederle. Se questa molteplicità di linguaggio può sembrare troppo, proviamo a guardare alcune sue opere.    Scegliamo, per esempio, il dittico Incontro. Sono due oli su tela che si fanno da contrappunto dialettico: l’uno minaccia l’altro senza cercare facili accondiscendenze cromatiche o semantiche. Il primo dissemina policromie agitandosi su uno sfondo bianco, in cui, improvvisi e netti, compaiono tagli geometrici che hanno aperto la tela per destare angosce da privazione; il secondo, diviso quasi diagonalmente tra un vermiglio e un nero, è lacerato da uno stormo centrale di tagli ovoidali sovrastati in alto a sinistra da una asportazione netta di un pezzo di tela più grande a forma di ventaglio (o anche di un’ala aperta), che lascia passare spazi e colori della tridimensionalità circostante. Questo dittico, che avrà certamente una semantica interessante (lascio al fruitore attento il piacere di una interpretazione critica), desta il mio interesse per la forza coesiva che esso sprigiona nel saper sfogliare diversi codici visivi dell’arte contemporanea. Qui sono impacchettati e ben serviti, senza distonia alcuna, angoli e passioni taglienti dello spazialismo fontaniano, la pittura informale di Burri e Vedova, l’aggressività cromatica dei rossi concettuali e sacrificali di Hermann Nitsch, la leggerezza del dripping della pop art di Schifano e l’algido mondo interiore della spiritualità mai doma dell’astrattismo lirico di kandinskij. Gli accostamenti non sono azzardati, ma risultano gravidi di promesse liberatorie, che trovano forza in un equilibrio mentale più che formale ed estetico.  Un’altra opera di Nera che bisogna vedere assolutamente è Mediterraneo 1. Anche qui siamo di fronte ad una molteplicità di codici fusi in un bouquet unico di colori e segni, di forme e informità. La   ricca tavolozza cromatica  si materializza con naturalezza mettendo insieme blu, rossi, gialli e celesti: è un quadro astratto ma nasconde un ritmo prospettico che è dato dalla presenza sovrapposta di sfere in movimento, che evaporano o esplodono spostandosi nella direzione del fruitore dell’opera. Ciò che ammalia è la compresenza, in questo universo colorato, dei diversi stadi della materia i quali, più che esprimere sensazioni, suggeriscono una rappresentazione di corpi linguistici in evoluzione, come se fossero le diverse poetiche dell’universo artistico contemporaneo che transitano  sul mediterraneo, inteso come cifra culturale catalizzatrice di processi e percorsi evolutivi. Quei corpi linguistici possono caratterizzarsi nella tipicità del codice creativo usato per ciascuno di essi. Infatti, Nera ha dipinto le  sfere con diverse tecniche: alcune le ha foggiate con la tecnica della spatola, ricordando l’arte segnica di Soulages, altre con la gestualità dell’action painting e altre con gli “arrongigliamenti”  tipici del graffitismo di Basquiat, senza tralasciare la tecnica di esplosione cromatica a raggiera che la caratterizza fortemente. Il tutto, come sempre, in un equilibrio dinamico che cattura. La video art e la computer art non possono regalarci questa compresenza evolutiva di linguaggi congiunta alla matericità dei colori: è per questo che la pittura di Nera non teme le graduatorie avanguardistiche che pretendono di mettere in fila i linguaggi dell’arte affidandosi alle stranezze e alle novità dei medium freddi. Nera ha scelto la materia da plasmare e il colore da irretire: per questo la sua ricerca opera sui medium caldi, dove il condizionamento creativo tra l’artista e il medium è più alto.  Nera è un’artista matura che ha “interiorizzato e fatto proprie con piglio personale le grandi correnti dell’arte”, scrive Giuseppe Liuccio. Sono d’accordo. Non usiamo per lei un’etichetta destinata a incasellarla in una poetica o in una corrente specifica. La sua ricchezza di linguaggio è tipica dei migliori artisti di questo inizio secolo, che sono portati a rafforzare in una sorta di climax letterario la dose  del loro marchio di poliedricità, proprio  perché avvertono il peso di tanta storia dell’arte.

 Aldo Carrozza