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La stessa
concezione dello spazio diventa articolata ricerca di una dimensione
che naturalmente esula dalla tridimensionalità prospettica e del
geometrismo euclideo, così come allo stesso modo l’inconscio non
ubbidisce alla razionalità. Non ha più senso parlare di “vuoto” e di
“pieno” nel modo con cui noi siamo abituati a percepire queste
categorie, ma in una particolare accezione che rende le opere grafiche
di Nera sfuggenti, enigmatiche, problematiche, e per questo ci
sorprendono, spiazzando il nostro stesso modo di percepire, di
“vedere” e leggere quello che l’artista ha voluto comunicarci. Nello
stesso tempo sono opere che hanno una propria intima vitalità e una
propria coerenza formale che le rendono uniche e irripetibili nella
loro epifania visiva. Il segno nell’arte di Nera è diretto, immediato,
estrinseca il proprio vitalismo, veicolato da una forte energia, a
volte graffiante, così com’è graffiante la realtà quotidiana con i
suoi momenti, le sue ansie, le sue gioie, le sue preoccupazioni, le
sue delusioni e i suoi dolori. La “scrittura” di Nera d’Auto richiama,
per certi versi, l’uso della parola in Cy Twombly: è un elemento per
ricordare l’importanza della parola come insieme di segni, come
universo segnico e comunicativo primordiale. In Nera la parola può
diventare un “commento” o un segno grafico-pittorico, a seconda di
come la percepiamo, ma è sempre in diretto rapporto alla sua
complessiva produzione grafica. Il gusto della parola verbo-visiva per
Nera è sicuramente un ulteriore mezzo per allargare, dilatare, gli
orizzonti del proprio Io, della propria sensibilità e del proprio
inconscio, per offrirci un ulteriore elemento in grado di farci
comprendere la grande vitalità che l’artista sa trasmetterci. In
questo senso si deve leggere il rapporto tra la sua produzione grafica
e quella pittorica, tra il segno tracciato sul foglio e la grande
esplosione emozionale che sottende e caratterizza l’universo
coloristico dei suoi dipinti. Allo stesso modo è difficile ricondurre
la produzione pittorica di Nera d’Auto sui binari della cultura visiva
contemporanea, in quanto la sua speciale visione del mondo si
manifesta in una poetica che trae sicuramente origine dalle forme
dell’arte contemporanea e dalle sue matrici culturali, ma rappresenta
anche un superamento autonomo, e originale, delle grandi categorie
fenomenologiche e stilistiche in cui sono state storicizzate le
manifestazioni dell’arte contemporanea, con un linguaggio maturo e
personale che ne contraddistingue le scelte formali e
coloristiche. Dire che Nera è un’artista
“eclettica” significa poco, a mio
avviso; è indispensabile, perciò, tentare di capire la sua “grammatica
stilistica” per poterne cogliere i nuclei di significato che veicolano
le sue opere. Nera propone una pittura dove la gestualità, dinamica e
creativa, diventa un universo del tutto particolare e autonomo. Il
dinamismo cromoluministico e la gestualità sono elementi
imprescindibili della propria arte, sono compresenti nell’atto stesso
della creazione artistica: i colori sono carichi di densi nuclei di
emotività. Il rosso, ad esempio, simboleggia la forza, la
passionalità, il dinamismo emotivo dei sentimenti; il nero, invece,
veicola la razionalità: è la poetica dell’esistenza umana di fronte
alle scelte della vita, sempre legata all’individuazione di strade che
conducono spesso in luoghi nuovi e misteriosi. D’altra parte la vita
stessa è piena di incertezze e di misteri, di strade, di bivi, ma è
anche fonte di forti emozioni e di passioni mai sopite. La luminosità
frastagliata del colore-emozione è un altro punto essenziale nella
poetica di Nera, in cui si possono vagamente intuire le presenze
dell’astrattismo “spiritualista”, però privato di elementi
trascendentali. Eppure la poetica di Nera è vicina a una visione
esistenzialista, contrassegnata da una incessante ricerca mai paga dei
risultati raggiunti e certamente feconda di nuovi interessi e nuovi
sviluppi, di nuove forme e di nuovi colori. Si tratta di un lavoro
progressivo che non dà mai per scontato il cammino svolto finora
dall’arte contemporanea, in una continua ricerca di forme e
significati che sono il frutto di una sua intima e personale visione
della vita, attraverso una grande potenzialità creativa che non si
accontenta mai di banali riferimenti alla “tradizione del
contemporaneo”, ma la supera attraverso un’energia che difficilmente è
riscontrabile nella produzione artistica odierna. La pittura di Nera
d’Auto è materia, è universo, è gesto e segno che diventano vita,
flussi di energia vitale. I suoi nuclei coloristici, le sue masse
colorate, i suoi vuoti e i suoi pieni, i suoi tagli e “ritagli”,
evidenziano una qualità formale alta e un magmatico agglomerato di
pigmento steso sulla superficie delle proprie tele con le mani, con le
dita, a sottolineare un gesto antico e nobile insieme, quello di usare
lo strumento primordiale del fare arte. La vita diventa arte e l’arte
altro non è che estrinsecazione, manifestazione ed epifania della
vita. Ella spesso dà vita a un moto coloristico che è esplosivo e
implosivo insieme, attraverso la compresenza di forze centrifughe e
centripete che si uniscono, si compenetrano in un insieme di
linee-colore dal cui indistinto nucleo ha origine, forse, la stessa
solida poetica pittorica di Nera. La spazialità colorata di Nera è,
insieme, ricerca, sofferenza, delizia, energia psichica in atto,
creatività pura. La materia diventa, per certi versi, “pathos”,
veicolo privilegiato che contiene in sé l’idea di un viaggio senza
fine, alla ricerca continua di forme d’arte che diventano esperienza
di vita, mai sopita, mai banale, mai semplice, mai superficiale. In
questo ideale viaggio nella spazialità di Nera il colore acquista
valenza oggettiva nella sua “disaggregazione”; ma tale disaggregazione
è forza pura che è capace di generare e costruire una propria intima
realtà che, poi, in un impeto di energia colorata entra nel nostro
mondo. Emerge da tutto ciò l’ “Io” di Nera che si precisa e si fissa
in forme colorate, dinamicamente organizzate, che danno vita al
proprio “fare arte”. In questo universo il suo gesto creativo è
volontà dinamica che emerge in una sequenza, a volte apparentemente
convulsa, di segno-disegno-colore. Indubbiamente Nera è protagonista e
interprete della cultura artistica del nostro tempo, in cui istanze
informali ed energie psichiche trovano una propria autonoma forma,
priva di ogni etichetta “imbalsamatrice”, priva di qualsiasi
“manifesto” programmatico precostituito, per entrare di diritto nella
dinamica concreta, reale, vera, della vita di ognuno di noi. Perciò le
sue opere ci colpiscono, perché sono il segno tangibile di un universo
artistico che si fa esso stesso vita concreta e reale. La pittura di
questa donna è energia che affiora alla coscienza nella sua
primordiale manifestazione, fatta di dense emozioni e vive sensazioni.
L’arte di Nera d’Auto diventa, così, epifania della vita che si mostra
attraverso l’universo segnico-coloristico di una gestualità istintiva
volta a cogliere e raccontare il senso profondo dell’esistenza umana,
che urla al mondo il proprio diritto di vivere ogni istante nella
pienezza della propria dignità e nella consapevolezza che ogni secondo
che passa fa parte dell’eternità, in un incessante cammino in cui il
passato, il presente e il futuro si intersecano inestricabilmente e
delineano la grandezza della creatività artistica e della vita. |
I Tagli
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India
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I Linguaggi di Nera
Non vi sono soluzioni definitive
per un artista. Egli porta su di sé il peso del cambiamento
congenito. E questo è anche il caso di Nera, che è un’artista a
tutto tondo, mai paga dei risultati raggiunti. La sua
militanza artistica nei linguaggi contemporanei è costellata di
consensi critici che non l’hanno mai collocata nell’ambito di
una sola poetica. Nera non è una pittrice informale, non è
spazialista e non pratica il dripping: è tutto questo ed altro
ancora. Le sue opere non hanno il sapore dell’astrattismo
lirico, né sono graffitiste; e non sono neanche venate di
pulsioni d’art autre o di pieghe espressioniste. Sono tutto
questo ed altro ancora: Nera è prima un’artista e poi una
pittrice: ama giocare con i linguaggi per fonderli e per
straniare il fruitore. Il suo asse creativo è inclinato, per cui
ella vive nel vortice benefico delle stagioni creative che si
susseguono e che tanto sanno concederle. Se questa molteplicità
di linguaggio può sembrare troppo, proviamo a guardare alcune
sue opere. Scegliamo, per esempio, il dittico Incontro. Sono
due oli su tela che si fanno da contrappunto dialettico: l’uno
minaccia l’altro senza cercare facili accondiscendenze
cromatiche o semantiche. Il primo dissemina policromie
agitandosi su uno sfondo bianco, in cui, improvvisi e netti,
compaiono tagli geometrici che hanno aperto la tela per destare
angosce da privazione; il secondo, diviso quasi diagonalmente
tra un vermiglio e un nero, è lacerato da uno stormo centrale di
tagli ovoidali sovrastati in alto a sinistra da una asportazione
netta di un pezzo di tela più grande a forma di ventaglio (o
anche di un’ala aperta), che lascia passare spazi e colori della
tridimensionalità circostante. Questo dittico, che avrà
certamente una semantica interessante (lascio al fruitore
attento il piacere di una interpretazione critica), desta il mio
interesse per la forza coesiva che esso sprigiona nel saper
sfogliare diversi codici visivi dell’arte contemporanea. Qui
sono impacchettati e ben serviti, senza distonia alcuna, angoli
e passioni taglienti dello spazialismo fontaniano, la pittura
informale di Burri e Vedova, l’aggressività cromatica dei rossi
concettuali e sacrificali di Hermann Nitsch, la leggerezza del
dripping della pop art di Schifano e l’algido mondo interiore
della spiritualità mai doma dell’astrattismo lirico di
kandinskij. Gli accostamenti non sono azzardati, ma risultano
gravidi di promesse liberatorie, che trovano forza in un
equilibrio mentale più che formale ed estetico. Un’altra opera
di Nera che bisogna vedere assolutamente è Mediterraneo 1. Anche
qui siamo di fronte ad una molteplicità di codici fusi in un
bouquet unico di colori e segni, di forme e informità. La
ricca tavolozza cromatica si materializza con naturalezza
mettendo insieme blu, rossi, gialli e celesti: è un quadro
astratto ma nasconde un ritmo prospettico che è dato dalla
presenza sovrapposta di sfere in movimento, che evaporano o
esplodono spostandosi nella direzione del fruitore dell’opera.
Ciò che ammalia è la compresenza, in questo universo colorato,
dei diversi stadi della materia i quali, più che esprimere
sensazioni, suggeriscono una rappresentazione di corpi
linguistici in evoluzione, come se fossero le diverse poetiche
dell’universo artistico contemporaneo che transitano sul
mediterraneo, inteso come cifra culturale catalizzatrice di
processi e percorsi evolutivi. Quei corpi linguistici possono
caratterizzarsi nella tipicità del codice creativo usato per
ciascuno di essi. Infatti, Nera ha dipinto le sfere con diverse
tecniche: alcune le ha foggiate con la tecnica della spatola,
ricordando l’arte segnica di Soulages, altre con la gestualità
dell’action painting e altre con gli “arrongigliamenti” tipici
del graffitismo di Basquiat, senza tralasciare la tecnica di
esplosione cromatica a raggiera che la caratterizza fortemente.
Il tutto, come sempre, in un equilibrio dinamico che cattura. La
video art e la computer art non possono regalarci questa
compresenza evolutiva di linguaggi congiunta alla matericità dei
colori: è per questo che la pittura di Nera non teme le
graduatorie avanguardistiche che pretendono di mettere in fila i
linguaggi dell’arte affidandosi alle stranezze e alle novità dei
medium freddi. Nera ha scelto la materia da plasmare e il colore
da irretire: per questo la sua ricerca opera sui medium caldi,
dove il condizionamento creativo tra l’artista e il medium è più
alto. Nera è un’artista matura che ha “interiorizzato e fatto
proprie con piglio personale le grandi correnti dell’arte”,
scrive Giuseppe Liuccio. Sono d’accordo. Non usiamo per lei
un’etichetta destinata a incasellarla in una poetica o in una
corrente specifica. La sua ricchezza di linguaggio è tipica dei
migliori artisti di questo inizio secolo, che sono portati a
rafforzare in una sorta di climax letterario la dose del loro
marchio di poliedricità, proprio perché avvertono il peso di
tanta storia dell’arte.
Aldo Carrozza
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